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XXV Convegno Chitarristico

XXV Convegno Chitarristico, Modena, Palazzo Coccapani, 27 ottobre 2012

Sabato 27 ottobre 2012 si è svolto a Modena il XXV Convegno Chitarristico. L’evento si è tenuto nelle splendide sale del palazzo Coccapani sede dell’Accademia Nazionale di Scienze Lettere e Arti e ha offerto una nuova e rilevante occasione per riscoprire e approfondire vari aspetti dell’arte chitarristica, dalle suggestive pagine di Santiago de Murcia alle sfaccettate sonorità contemporanee, con una particolare attenzione alla liuteria che ha avuto uno spazio di assoluto rilievo nella presentazione di strumenti originali costruiti da Antonio Stradivari (il celebre esemplare Sabionari), Manuel Ramirez, Pietro Gallinotti.

In occasione del Convegno è stato inoltre possibile visitare la mostra dedicata alla singolare personalità artistica di Italo Meschi, il poeta-cantore lucchese che si distinse come virtuoso di chitarpa, applaudito in numerosi concerti nelle maggiori capitali europee e in America, tra New York e San Francisco. Di questi suoi viaggi, del suo mestiere di musicista e cantore, nonché della sua attività di pacifista rimangono numerose testimonianze, raccolte per questa occasione da Marco Bazzotti, curatore dell’esposizione, grazie alla collaborazione di Tista e Innocenzo Meschi, cugino e nipote di Italo, che hanno fornito una rara e inedita documentazione biografica.

A completamento dei contenuti approfonditi nel corso del convegno, il pubblico partecipante ha ricevuto come di consueto le cartelline di sala con vari materiali informativi, arricchite quest’anno da due significativi omaggi: una copia del cd Gilardino 20 Studi Facili recentemente inciso da Cristiano Porqueddu per l’etichetta Brilliant Classics, gentilmente offerto dall’Associazione Musicare di Nuoro, e una copia di una pubblicazione musicale Sinfonica (Collezione di Studi di vari autori, con cd allegato inciso da Bruno Giuffredi su chitarra Gallinotti) offerta dallo stesso editore.

La giornata si è aperta con i saluti del prof. Ferdinando Taddei, presidente dell’Accademia Nazionale di Scienze Lettere e Arti. Ha preso poi la parola la curatrice del convegno Simona Boni che ha presentato gli interventi della giornata e ha dato lettura di una lettera giunta dal sindaco del Comune di Rovereto che dichiara di impegnarsi, in seguito a segnalazione avanzata dal comitato scientifico di Chitarra in Italia, nel restauro della tomba del maestro Luigi Mozzani, la cui lapide versa purtroppo in grave stato di degrado.

Il convegno ha avuto inizio col contributo dal titolo Santiago de Murcia: la chitarra tra il Vecchio e il Nuovo Mondo a cura di Evangelina Mascardi, chitarrista e liutista argentina, che ha presentato un apprezzato programma per chitarra barocca interpretando con raffinata sensibilità musiche di Santiago de Murcia in parte tratte da un manoscritto recentemente ritrovato in Cile (Cifras Selectas de guitarra, 1722). Questi brani (Passacalles de clarines por la D, Follias, Zarambeques, Marizapalos, Los Ymposibles, Fandango) sono fortemente caratterizzati dagli ambienti frequentati al tempo dal compositore, il quale viaggiò molto tra Spagna, Italia e Nuovo Mondo e riuscì a trarre da diverse tradizioni culturali nuove idee musicali, creando così delle pagine di grande suggestione, in cui si coniugano forme classiche, costruzioni contrappuntistiche, ritmi di danza africani e spagnoli.

A questo intervento è seguito un momento molto emozionante in cui è stata presentata al pubblico la chitarra Sabionari (così denominata dal primo proprietario Giovanni Sabionari), una delle cinque chitarre costruite da Antonio Stradivari giunte fino ai nostri giorni, nonché l’unica oggi in grado di suonare. È interessante notare come la storia più recente di questo strumento ci riporti proprio alla tradizione dei Convegni Chitarrastici: questo stesso esemplare venne mostrato al X Convegno, tenutosi a Bologna nel 1948, e nell’occasione fu esaminato anche da Andrés Segovia che vi appose, nella parte interna del fondo, la sua firma. A distanza di 64 anni da quel convegno il prezioso strumento è stato nuovamente portato all’attenzione della collettività chitarristica grazie alle interessanti relazioni di Virginia Villa, direttrice della Fondazione Stradivari di Cremona (presso la quale l’esemplare è oggi depositato), Roberto Domenichini, attuale proprietario della chitarra, e Fausto Cacciatori, curatore del restauro e degli studi eseguiti sullo strumento.

Nel successivo contributo Stefano Toffolo ha presentato il frutto dei suoi studi sulla chitarra nella storia e nell’arte veneziana tra il Cinquecento e l’Ottocento, mostrandone la presenza ricorrente in ambiti solo apparentemente distanti tra loro: l’editoria musicale, la liuteria e le arti figurative. Grazie ad un considerevole apparato d’immagini, il relatore ha dimostrato quanto i tre contesti presi in analisi rispecchiassero il gusto della propria epoca. In particolare nel Seicento l’editoria musicale (nata nel secolo precedente proprio a Venezia) non mancò di rivelare una diffusa e crescente passione per la chitarra, assai presente nella vita culturale e sociale del tempo, come risulta confermato anche da affreschi e dipinti degni d’attenzione, nonché dall’arte della liuteria che proprio nella città lagunare ha conosciuto un raffinato sviluppo.

Seguendo come di consueto un percorso cronologico attraverso i secoli, il contesto chitarristico del secondo Ottocentento è stato approfondito da Walter Zanetti con riferimento alla particolare ricerca sonora, compositiva e costruttiva attuata grazie all’opera di Francisco Tárrega e di Antonio de Torres Jurado. Zanetti ha eseguito un programma completamente dedicato alle musiche di Tárrega, offrendone una mirabile interpretazione su due significativi strumenti: una copia della chitarra modello Torres ‘Leona 1856’ realizzata dal liutaio Paolo Coriani, e una chitarra Manuel Ramirez del 1903 messa gentilmente a disposizione dallo stesso liutaio. La scelta di eseguire queste musiche sulla chitarra per cui sono state concepite ha messo in luce la complementarietà del lavoro del compositore e del liutaio, evidenziando come le ricerche espressive del primo siano state rese possibili grazie al lavoro del secondo, ponendo così le basi per le caratteristiche del nostro strumento moderno.

La mattinata si è conclusa con un intervento musicale a cura di Bruno Giuffredi dedicato alle chitarre di Pietro Gallinotti, con una attenta scelta di opere di diversi autori, da Bach a Villa-Lobos, volta a rivelare il carattere dei singoli strumenti. L’esecuzione è stata preceduta da una interessante relazione del liutaio Fabio Zontini che ha spiegato alcuni aspetti della ricerca costruttiva di Pietro Gallinotti: il suo incontro con una chitarra creata da Julian Gomez Ramirez lo convinse che il futuro delle sei corde sarebbe stato negli strumenti ‘alla spagnola’, e non nei modelli ormai superati di Gaetano Guadagnini. La genialità di Gallinotti risiede nel fatto che egli non si limitò a produrre mere copie ma elaborò i modelli realizzando progetti costruttivi originali, mirabili per le ricche possibilità timbriche e acustiche, come è stato possibile constatare nell’esecuzione di Bruno Giuffredi su alcuni eccellenti esemplari: tre chitarre costruite tra il 1933 (la n. 5, dedicata a Pietro Volpini) e il 1957, inoltre la prima chitarra in cedro datata 1952, premiata con diploma di primo grado al Concorso di liuteria svoltosi a Torino nel 1952, in occasione del XIV Convegno Chitarristico. A conclusione dell’intervento è stata inoltre presentata una chitarra di Fabio Zontini ispirata allo strumento in cedro del 1952, a testimoniare la longevità della lezione di Gallinotti nella tradizione liutaria italiana.

Al termine della mattinata i maestri intervenuti si sono riuniti nella Sala degli Specchi per il ritratto di gruppo realizzato dal fotografo Marco Cavina. Dopo il pranzo offerto nelle sale del palazzo, come sempre gradita occasione anche di piacevoli conversazioni e di incontri che si rinnovano di anno in anno, è stato possibile assistere alla proiezione nella sala delle conferenze del film documentario A misura d’uomo, realizzato con la regia di Luigi Coppola e incentrato sull’esperienza professionale del liutaio Fabio Zontini e sul suo incontro con i chitarristi Bruno Giuffredi e Max Manfredi.

Nel primo pomeriggio i lavori del convegno sono ripresi con il contributo Un hombre no puede colgar el alma. L’avventura umana di Alirio Díaz a cura di Stefano Picciano, dedicato alla personalità dell’illustre chitarrista venezuelano. Picciano ha perfezionato i suoi studi chitarristici proprio con il maestro Díaz, e questo incontro ha fatto nascere in lui un interesse così profondo da decidere di narrarne la ricca vicenda biografica ed artistica in un volume di recente pubblicazione, partendo dalle origini contadine e dai difficili anni della giovinezza, e raccontando poi la prima formazione completamente immersa nella cultura popolare, quindi l’incontro con Segovia, l’affermazione concertistica, l’insegnamento accademico. La costante passione per la bellezza ha permesso a Díaz di superare il binomio popolare/colto, realizzando un superiore ideale artistico in cui trova spazio la sua naturale generosità e disponibilità, come le parole del relatore hanno mostrato offrendo una privilegiata occasione di riflessione su una personalità artistica di profonda sensibilità. 

Di grande suggestione è stata la scelta musicale proposta da Elena Casoli con la partecipazione del flautista Lorenzo Missaglia. Il duo ha presentato il progetto Namasté incentrato sulla ricerca intorno a opere del repertorio novecentesco nate dall’incontro fra cultura orientale e occidentale. L’Occidente ha spesso subìto il fascino delle tradizioni orientali: è il caso dei due bellissimi e purtroppo poco conosciuti brani di Terry Riley tratti dal ciclo Cantos desiertos (Francesco en Paraiso e Quijote, quest’ultimo costituito da una serie di variazioni su una melodia indiana). Viceversa nel contesto orientale alcuni autori hanno scelto di adottare stilemi propri della cultura musicale occidentale, come in alcune importanti pagine di Toru Takemitsu quali Toward the Sea, dal quale abbiamo ascoltato The Night e Cape Cod. Un ponte culturale della storia musicale recente quindi, che arricchisce l’una e l’altra tradizione di nuove e proficue  idee.

Riflettendo sulla musica contemporanea possiamo constatare come spesso lo studio di questo repertorio giunga troppo tardi nella formazione di un chitarrista. A questo proposito l’intervento a cura di Vincenzo Saldarelli ha voluto sottolineare la necessità di anticipare nei percorsi formativi l’approccio alla ‘nuova musica’, permettendo così agli allievi di acquisire le conoscenze necessarie per poterne comprendere i contenuti, le tecniche, la scrittura (spesso diversa da quella tradizionale), le problematiche interpretative. Saldarelli ha quindi illustrato numerosi esempi musicali da poter utilizzare per procedere in questo auspicato rinnovamento didattico, ed ha poi eseguito due lavori scelti per esemplificare le valenze tecnico-interpretative di questo tipo di repertorio: Left and Soft – quattro divertimenti brevi per chitarra di Giovanni Indulti, composto nel 1983, e Elegia mediterranea (2003) dello stesso Saldarelli.

Ancora su implicazioni di carattere formativo nel repertorio contemporaneo si incentra il tema proposto da Cristiano Porqueddu, che già nel XXIII Convegno aveva tenuto una relazione sull’opera chitarristica di Angelo Gilardino. Questa sua nuova partecipazione al convegno lo vede presente questa volta in veste concertistica, con una ricca scelta di studi del compositore vercellese eseguiti con impeccabile tocco e con grande sensibilità espressiva. Se i 60 Studi di Virtuosità e di Trascendenza sono considerati da Porqueddu la prima opera in cui Gilardino esprime la propria concezione poetica dello strumento, sono però sicuramente un’opera molto complessa e difficile quanto a esecuzione ed interpretazione. Diverse le premesse che portano alla composizione dei 20 Studi Facili: queste pagine sono destinate ai chitarristi che vogliono avvicinarsi alla musica del Novecento e consentono di esplorare gradualmente la tecnica chitarristica contemporanea, lo studio delle dinamiche e del timbro, senza rinunciare a una duttile elaborazione linguistica, ad una simmetria e freschezza comunicativa che permettono di inserirli a ragione anche in un programma da concerto.

La conclusione di questo XXV Convegno Chitarristico è stata affidata alle parole di Aldo Minella, la cui personale storia artistica è affettivamente legata alla città di Modena che segnò il suo esordio chitarristico (nel 1955 ottenne il  Diploma di primo grado al concorso di esecuzione organizzato in seno al XVII Convegno Chitarristico). Nel venticinquesimo anno dalla scomparsa di Andrés Segovia egli ha voluto ricordare il proprio maestro raccontando l’emozione ancora viva delle sue lezioni e il fermento artistico che si alimentava in quel periodo: «da quei corsi è iniziato uno splendido rinascimento chitarristico i cui effetti si fanno sentire ancora oggi attraverso generazioni successive di allievi. L’insegnamento ricevuto da Segovia nell’arco di un decennio è stato fondamentale per la mia formazione musicale. Più che di lezioni analitiche si è trattato di un insegnamento globale, sempre di una profonda esperienza musicale, come quando ascolti un grande interprete in un bel concerto che ti lascia più ricco. La ricerca della musica e della poesia nella musica sono il principale retaggio che mi è rimasto. È quanto cerco di trasmettere ai miei allievi indicando loro con l’esempio e la dimostrazione sullo strumento, anche i mezzi per svolgere questa ricerca».

È in questa costante ricerca, musicale e poetica nel senso più profondo del termine, che risiede l’idea forse più preziosa dell’impegno segoviano, un’idea oggi ancora fortissima e vitale, che ci auguriamo possa essere consegnata alle generazioni future, unitamente a tutte le opere, le ricerche e i valori d’arte promossi da chi si dedica con sincera devozione al nostro strumento.

 

 

S. Mastrogregori, Il XXV Convegno Chitarristico

 
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