Sabato 19 ottobre 2013 si
è svolto a Sanremo, presso il prestigioso Teatro
dell’Opera del Casinò, il XXVI Convegno
Chitarristico. Il raffinato contesto di questo
celebre Teatro ligure, con le sue eleganti linee
liberty, ha visto la partecipazione di un folto
pubblico proveniente dall’Italia e dall’estero.
Si è trattato di un’edizione davvero sontuosa
dell’iniziativa che da ora in poi, per decisione
del Comitato scientifico e nell’intento di
onorare anche in questo aspetto la tradizione
instaurata da Romolo Ferrari, sarà ospitata in
diverse città
del territorio
nazionale. Il XXVI
Convegno è stato realizzato grazie alla
preziosa e
imprescindibile collaborazione di Giorgio
Revelli, presidente
del Centro Culturale Tabiese che ha
patrocinato l’evento, ente riconosciuto per la
promozione della cultura in territorio ligure,
nazionale ed europeo.
In continuità con le
precedenti edizioni, in occasione del Convegno è
stata allestita una mostra documentaria per
ricordare illustri chitarristi del passato. In
particolare, in
questa edizione ligure si è voluto rendere
omaggio a due importanti maestri legati al
contesto chitarristico della città di Genova che
si sono al tempo stesso resi protagonisti di un
percorso artistico riconosciuto ben oltre i
confini locali: Pasquale Taraffo
(1887-1937) e Carlo Palladino (1910-1995).
Entrambi furono animati da una straordinaria
profondità comunicativa che trovò espressione
autentica nel concertismo e nella didattica,
come possiamo ravvisare nei rispettivi percorsi
biografici che ebbero traiettorie differenti ma
un comune riferimento di prospettiva, sullo
sfondo della terra ligure.
L’allestimento di questa esposizione è stata
resa possibile grazie alla fattiva
collaborazione di Franco Ghisalberti che ha
raccolto in anni di ricerche una rara
documentazione su Taraffo, e di Piera Palladino
che custodisce con cura e affetto l’archivio
musicale appartenuto al padre.
A corredo e completamento
dei contenuti proposti in questa giornata di
studi musicali, sono state consegnate al
pubblico cartelline di sala con vari materiali
di approfondimento sui temi affrontati,
arricchite da due significativi omaggi: il cd
pubblicato dall’etichetta Brilliant Classics
Albini musica ciclica, con musiche di
Giovanni Albini, gentilmente offerto dall’autore
stesso, e il fascicolo Pasquale Taraffo il
‘Paganini della chitarra’, fatto stampare
per l’occasione da Franco Ghisalberti.
La giornata si è aperta
con i saluti del presidente del Centro
Culturale Tabiese Giorgio Revelli. Ha preso
poi la parola la curatrice del convegno Simona
Boni che ha presentato gli interventi dei
maestri e dei relatori. Dopo aver ricordato le
finalità di ricerca del Convegno Chitarristico,
Simona Boni ha annunciato l’avvio di un
qualificato progetto di conservazione
documentaria che accredita l’impegno profuso in
questi anni da Chitarra in Italia: si
tratta della realizzazione di un archivio di
fondi chitarristici di importanza nazionale,
attivato grazie alla disponibilità della
prestigiosa Biblioteca Estense Universitaria
di Modena. Prima di dare inizio al Convegno la
curatrice informa che per ragioni inattese sono
stati impossibilitati a intervenire Raffaele
Carpino, Pino Briasco e Eli Tagore, la cui
presenza era prevista nel programma della
manifestazione. Nell’impossibilità di sostituire
in tempi brevi questi interventi, è stata
inserita nella seconda parte del Convegno una
relazione curata da Marco Bazzotti sulle riviste
chitarristiche del primo Novecento.
Il Convegno ha avuto
inizio come di consueto dalle origini della
storia chitarristica, col contributo dal titolo
‘Del sonar all’impronta’. Divagazioni
improvvisate su musiche di Gaspar Sanz, Santiago
de Murcia e Anonimi a cura di Ugo Nastrucci.
Si è trattato di una coinvolgente dimostrazione
della prassi improvvisativa sulla chitarra
barocca, preceduta da una interessante
riflessione che ha posto l’attenzione sulla
pratica dell’epoca, espressione al tempo stesso
di grande vitalità e di evanescenza.
L’interpretazione-esecuzione assolutamente
fedele e rispondente alla partitura scritta è
infatti un’idea derivata dal ‘criterio
romantico’ non applicabile alla musica antica:
di conseguenza le interpretazioni del periodo
antecedente al Romanticismo che non completano
la partitura con realizzazioni di abbellimenti e
apporti dell’esecutore al testo scritto, sono da
considerarsi non solo incomplete, ma in certi
casi anche improprie.
Nel successivo intervento
Luigi Attademo ha
presentato l’esito delle sue indagini esecutive
sulla scrittura chitarristica di Paganini,
mettendola in relazione con la tecnica
strumentale ottocentesca. Di particolare
interesse risulta l’analisi di alcuni dettagli
tecnici della scrittura paganiniana, inusuali
nel coevo linguaggio idiomatico dello strumento
(ad esempio alcuni legati o portati nelle
melodie di derivazione violinistica). Sono poi
state approfondite alcune considerazioni sul
modello di chitarra utilizzata da Paganini,
grazie anche agli apporti delle fonti
iconografiche. A conclusione della relazione
Attademo ha eseguito alcune note pagine
paganiniane (la Romanza dalla
Grande Sonata
in La maggiore, la Sonata n. 23, i
Ghiribizzi 37 e 38)
su una magnifica chitarra
Guadagnini del 1851, utilizzata dal concertista
anche nel suo recente lavoro di incisione
discografica dell’opera omnia di Paganini.
Ancora su opere del XIX
secolo si è incentrato l’intervento musicale di
Sara Gianfelici che ha voluto ricordare due
grandi maestri dei nostri tempi attraverso il
loro fondamentale impegno didattico
sull’Ottocento chitarristico: Ruggero Chiesa
(del quale ricorre il ventennale della
scomparsa) e Carlo Ghersi. In particolare si
deve a Ruggero Chiesa un grande impulso alla
riscoperta e riedizione in epoca moderna di
importanti pagine del repertorio ottocentesco,
che egli ha trasmesso a generazioni di allievi
unitamente a un disciplinato approccio
musicologico e a una indimenticabile lezione
artistica e umana. Con queste parole Sara ha
voluto ricordare il lascito profondo dei suoi
insegnanti: «un
maestro è tale perché continua ad insegnarci
anche quando non studiamo più con lui, a
distanza di anni». Alla loro memoria ha dedicato
due splendide interpretazioni: l’Introduzione
e Variazioni su l’Aria “O Cara Armonia” dal
Flauto Magico di W.A. Mozart op. 9 di
Fernando Sor e la Rossiniana n. 2 op. 120
di Mauro Giuliani.
A conclusione della mattinata Fabrizio Giudice
ha reso omaggio al virtuoso Pasquale Taraffo,
mettendo in evidenza i principali aspetti della
sua personalità artistica attraverso le ultime
testimonianze dirette fornite da Anselmo Bersano
e le mirabili attestazioni offerte dalle sue
numerose incisioni. Pasquale Taraffo infatti
aveva inciso per le maggiori etichette
discografiche dell’epoca e per questo motivo può
essere considerato un pioniere della discografia
chitarristica. Delle sue composizioni per
chitarra purtroppo non rimangono che le
incisioni, infatti egli non scrisse mai le sue
musiche. Fabrizio Giudice ha proposto su una
chitarra-arpa del 1898 costruita dal liutaio
genovese Oreste Candi l’esecuzione di alcune di
queste musiche, accuratamente trascritte
dall’ascolto dei suoi 78 giri: Prospero,
la Sinfonia dalla Norma di
Bellini, la Fantasia di Viñas.
Al termine della mattinata
i maestri intervenuti si sono riuniti sul
palco del Teatro dell’Opera del Casinò per la
fotografia di gruppo scattata da Stefano Di
Luca. A seguire si è tenuto il pranzo, servito
nelle signorili sale del Casinò contigue al
Teatro: si è così potuto dialogare con tutti i
maestri presenti, per poi riprendere i lavori
del Convegno con puntualità nel primo
pomeriggio.
La seconda
sessione del Convegno si è aperta sulle
tematiche novecentesche, con un contributo di
Davide Ficco sul compositore Bruno
Bettinelli nel centenario della nascita. Dopo
aver illustrato l’opera cameristica con chitarra
di Bettinelli,
viene
messo in luce il suo originale linguaggio
musicale che si discosta sia dalle tante
composizioni genericamente atonali che
caratterizzano parte della musica del Novecento,
sia da quelle di tipo aleatorio o più
generalmente inquadrabili come postweberniane.
Lo stile di Bettinelli appare sì atonale e
seriale, ma stilisticamente del tutto personale
e soprattutto contraddistinto da grande coerenza
di linguaggio. Viene quindi accolta dal pubblico
con grande interesse la possibilità di ascoltare
il lascito completo delle opere cameristiche con
chitarra di Bettinelli, resa possibile grazie
alla partecipazione a fianco di Davide Ficco del
soprano Oxana Mochenets (per le Due Liriche
del 1977), di Diego Milanese (per il
Divertimento a due per due chitarre del
1982) e di Paola Dusio (nella Musica a due
per flauto e chitarra dello stesso anno).
Proseguendo idealmente in
un’analisi dei linguaggi compositivi moderni, il
Quartetto Apeiron (composto da Michele Ambrosi,
Vlatko Bocevski, Vjekoslav Crnobori e Raffaele
Pisano) ha proposto l’esecuzione di opere di tre
compositori contemporanei dedicate alla
particolare formazione del quartetto di
chitarre, formazione che richiede una specifica
riflessione compositiva anche nello sviluppo e
nella disposizione della scrittura strumentale.
Il pubblico ha potuto apprezzare in
un’interpretazione ricca di sfumature e di
intensa espressività El lenguaje de las
estrellas (2007) di José Antonio Chic,
Impresije rijeke Xingu (2012) opera dedicata
al Quartetto Apeiron dal giovane e promettente
compositore croato Ivan Šuran (presente in sala)
e infine la brillante Tarentelle (1991)
di François Laurent.
Dopo queste esecuzioni si
è collocato un interessante intervento tenuto da
Giovanni Albini sul tema Comporre per
chitarra XXI secolo: approcci, problematiche e
prospettive. Albini ha affrontato
un’efficace sintesi critica delle problematiche
e prospettive del comporre per chitarra oggi,
illustrando esempi tratti da partiture di
diversi autori. Nelle varie esperienze di
indagine compositiva emergono percorsi molto
vari, che spaziano da stili di scrittura
tipicamente idiomatici dello strumento a un
virtuosismo ‘anti-chitarristico’ teso a creare
nuove possibilità sonore, dall’utilizzo di
accordature meno consuete all’impiego di risorse
offerte dalle tecnologie più recenti.
A seguire si è tenuta una
relazione curata da Marco Bazzotti che da tempo
si dedica agli studi sul Novecento chitarristico
italiano. Bazzotti ha saputo descrivere con
grande efficacia, anche grazie all’ausilio di
rare immagini e fotografie d’epoca, il contesto
musicale italiano della prima metà del XX
secolo, con particolare riferimento al ruolo
vitale svolto da riviste come La Chitarra
e L’Arte Chitarristica che si sono
rivelate di grande importanza nella diffusione
non solo di contenuti, progetti e idee, ma anche
nella divulgazione e trasmissione di nuove
musiche.
La conclusione del
Convegno è stata affidata a Federico Briasco che
ha ripercorso la carriera artistica e umana del
padre Pino Briasco, putroppo impossibilitato a
raggiungerci. Apprendiamo con partecipazione,
dall’affettuoso e intimo racconto di Federico,
le tappe fondamentali della carriera paterna
contrassegnata da una ricerca continua e da una
completa dedizione all’arte della chitarra: dai
primi insegnamenti appresi grazie al
fondamentale incontro con Carlo Palladino, alle
esecuzioni nei caruggi genovesi sino ai
riconoscimenti nei festivals chitarristici,
dalla prima registrazione integrale dei
quartetti per chitarra e archi di Paganini
all’importante battaglia burocratica per
consolidare l’istituzione della cattedra di
chitarra nei Conservatori italiani. Questa
storia si congiunge al presente, alla profondità
di un rapporto speciale che si trasmette da una
generazione all’altra nella condivisione dello
stesso puro amore per la chitarra, come lo
stesso Federico vuole farci capire riportando
una significativa frase del padre: «bisogna
continuare a far parlare questo splendido
strumento al quale sia io sia mio figlio abbiamo
dato tutto, e che tutto ci ha reso: la
chitarra».
E mentre Federico Briasco
conclude la sua testimonianza lasciando parlare
la chitarra, con l’esecuzione di alcune celebri
pagine del repertorio, non possiamo non
raccoglierci, pur nella grandezza e maestosità
del sontuoso Teatro del Casinò, in un’atmosfera
divenuta a un tratto più intima e commossa.
Vogliamo allora attribuire a queste parole dei
Briasco, padre e figlio, il senso di una
famiglia più grande di cui sentirci parte: solo
così, in questa comunanza d’amore verso il
nostro strumento, potremo anche noi affermare
che la chitarra, alla quale tutto abbiamo dato,
tutto ci ha reso.
L. Marazzi, Il
XXVI Convegno Chitarristico
Programma Presentazione
delle relazioni
Fotografie
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