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XXIX Convegno Chitarristico

XXIX Convegno Chitarristico, Benevento, Teatro De Simone, 15 ottobre 2016

Sabato 15 ottobre 2016 si è svolto a Benevento il XXIX Convegno Chitarristico. Questa edizione ha offerto la possibilità di raggiungere un altro significativo traguardo da tempo auspicato, ovvero lo svolgimento dell’iniziativa in una città del sud dell’Italia, nell’intento di coinvolgere sempre più i vari apporti di ricerca della nostra penisola. Alla realizzazione del Convengo si sono affiancati il Conservatorio “Nicola Sala”, grazie al prezioso coordinamento del M° Piero Viti e il Comune di Benevento, inoltre un valido supporto per gli aspetti tecnici di video e fotografia è stato offerto dal webmagazine dotGuitar diretto dal M° Lucio Matarazzo. Il Convegno ha trovato la sua cornice ideale nel piccolo gioiello dalle sobrie ed eleganti architetture del Teatro di Palazzo De Simone, destinato ad essere negli anni Ottanta la sede del Conservatorio stesso.

La mostra documentaria allestita in occasione di questo Convegno ha visto riuniti, grazie alla disponibilità di maestri proprietari di importanti collezioni private (Stefano Aruta, Antonio Grande, Piero Viti), documenti inediti e manoscritti autografi affiancati a rare edizioni a stampa e a strumenti originali della tradizione chitarristica partenopea, in un arco di tempo che va dalla seconda metà del Settecento alla seconda metà del Novecento, con particolare riferimento alle figure di Ferdinando Carulli e di Teresa De Rogatis.

A completamento dei contenuti proposti nella giornata di studi musicali sono state consegnate al pubblico le cartelline di sala con materiali di approfondimento, unitamente all’omaggio del volume Emilio Pujol di Giuliano Balestra, offerto dal Centro Culturale “Fernando Sor”.

La giornata si è aperta con i saluti istituzionali del Conservatorio “Nicola Sala” a cura del direttore M° Giuseppe Ilario e del M° Piero Viti, docente di chitarra presso questo Conservatorio. Ha preso quindi la parola la curatrice Simona Boni che ha aperto i lavori di studio del XXIX Convegno presentando gli interventi dei maestri e dei relatori.

Il primo intervento, come di consueto dedicato al repertorio antico della chitarra, è stato tenuto da Marcello Vitale. Facendo ricorso ad una forte suggestione simbolica come quella del ‘labirinto’, Vitale ha illustrato il problematico percorso di recupero della musica antica, sia sotto il profilo filologico,  sia sotto quello ‘organologico’ specificamente chitarristico, con la conseguente adozione di  prassi esecutive pertinenti.  Ogni lettura storica, ha insistito Vitale, risulta riduttiva se non viene inserita in una tradizione viva e continuativa. Si arriva, dunque, a un concetto di filologia che ‘si rinnova’ e viene affiancata a una nuova direttrice, quella della tradizione orale che sconfina nella musica etnica e popolare.  Vitale ci ha dato contezza dei riscontri cui è pervenuto mostrando esempi esecutivi sia sulla chitarra barocca, con corde di budello, sia sulla  chitarra battente costruita da Vincenzo De Bonis, con corde di metallo e ponticello mobile.

Nell’intervento successivo, Damiano Rosa ha tratteggiato in maniera efficace la figura di  Johann Kaspar Mertz,  il chitarrista romantico nato nel 1806 a Pressburg, l’attuale Bratislava, in Slovacchia, e ‘riscoperto’ negli anni Ottanta del secolo scorso. Rosa, che si  è servito di varie fonti bibliografiche, ha introdotto il pubblico in quelle atmosfere mitteleuropee quasi magiche per le tradizioni diverse che s’incrociano per poi riconoscersi, prodigiosamente, in una matrice culturale uniforme. Dopo aver descritto le varie fasi della vita artistica di Mertz, sottolineando in particolare l’attitudine sperimentale che ebbe sugli strumenti dell’epoca, Rosa ha concluso il suo intervento proponendo l’ascolto di alcuni brani tra cui il Notturno op. 4 n. 2 e la trascrizione della Annen Polka di J. Strauss, eseguite su una chitarra Vincenzo Chalet costruita a Roma nel 1851.

Ancora a Johann Kaspar Mertz è stata dedicata la relazione di Paolo Lambiase e di Piero Viti, autori di un’importante lavoro di ricerca ed esecuzione sulle opere per due chitarre del musicista di Bratislava. L’indagine era iniziata negli anni Novanta, con la realizzazione per la Nuova Era di una delle prime incisioni degli 11 Duetti per chitarra, pubblicati nell’urtext dell’opera omnia di Mertz curata dal musicologo Simon Wynberg. Negli anni successivi il catalogo d’opera per due chitarre dell’Autore si è notevolmente ampliato, fino al recente ritrovamento di altre composizioni per questa formazione. Oggi, in occasione dei trentacinque anni di attività in duo, Lambiase e Viti hanno presentato il loro prossimo progetto discografico che, in collaborazione con l’etichetta dotGuitar, prevederà l’integrale di tutte le opere per due chitarre di Mertz fino ad ora conosciute. La relazione si conclude con l’esecuzione di alcuni brani di più recente riscoperta, esempi di un pensiero dialettico compiuto e rigoroso del repertorio ottocentesco originale per duo di chitarra.

Un altro importante autore dell’Ottocento, Giulio Regondi, è stato oggetto del contributo offerto dal giovane e talentuoso concertista Flavio Nati, recentemente premiato con la ‘Chitarra d’oro’ quale Giovane Promessa al Convegno Internazionale di Chitarra di Alessandria. Della biografia di Regondi sono stati ricordati alcuni momenti significativi, a partire dal suo debutto come enfant prodige. Insistendo sul polistrumentismo del chitarrista italiano, Nati ha ricordato l’importanza e il peso che nella vita del musicista ebbe anche la concertina, strumento simile alla fisarmonica per il quale Regondi, che già si era conquistato  la stima e l’ammirazione  chitarristica di Sor e Carcassi, scrisse numerose opere. Dopo un breve excursus sullo stile compositivo dell’Autore nelle opere per chitarra sola, Nati  ha proposto al pubblico l’esecuzione dell’Air Varié op. 21. con approccio disinvolto ed entusiasmante.

L’ultimo contributo di questa prima parte della giornata ha visto come relatore Antonio Rugolo, il chitarrista pugliese le cui incisioni discografiche dell’opera per chitarra di Guido Santorsola hanno riscosso  il consenso unanime della critica di settore. Rugolo ha offerto una ricognizione meticolosa della vita e dell’opera del musicista italo-uruguayano che ha alternato il ruolo di interprete come violinista e violista a quello di direttore d’orchestra e di compositore. Il suo stile compositivo ha attraversato diverse fasi, da un linguaggio tradizionale alle sperimentazioni cromatiche negli anni Cinquanta, fino all’uso della serie dodecafonica agli inizi degli anni Sessanta. Rugolo ha preso in esame alcune opere di Santorsola dedicate alla chitarra, proponendo al pubblico l’esecuzione del Preludio dalla Suite Antica per chitarra sola, poi in duo con Angelo Gillo il Preludio e Tempo di Minuetto, e infine in trio con Marco Caiazza il Concertino n. 1.

Dopo la tradizionale fotografia di gruppo e un breve e gradito momento conviviale nei locali del Conservatorio, la ripresa dei lavori pomeridiani è stata avviata dall’intervento-testimonianza di Stefano Aruta che ha coinvolto i presenti partendo dalla coincidenza – quasi una fatalità – di ritrovarsi in questo contesto proprio nel giorno del compleanno di Teresa De Rogatis.

La testimonianza di Stefano Aruta è stata tanto più partecipe, in quanto frutto di un rapporto speciale avuto prima come alunno, poi da amico amato al pari di un figlio, nella vicenda umana e professionale di una musicista dalla personalità complessa e contraddittoria, alla quale la storiografia chitarristica deve ancora qualcosa. Dopo aver ricordato i momenti più significativi del percorso umano e professionale della De Rogatis, Aruta ha denunciato il senso di ‘deprivazione’ dei luoghi che si avverte nella sua musica, così come pure nella sua vita, aspetto questo che ci fa intuire quanto ella potesse sentirsi fuori posto a prescindere da qualunque punto del mondo avesse deciso di vivere. La relazione si conclude con l’ascolto di un documento sonoro, ovvero la registrazione della Berceuse e di uno Studio di ottave per pianoforte interpretati dal figlio Mario Feninger, e con l’esecuzione dal vivo proposta dallo stesso Aruta del Minuetto della Sonatina per chitarra.

Un interessante spaccato della tradizione chitarristica partenopea più recente è stato proposto con una brillante verve narrativa da Antonio Grande, chitarrista e compositore napoletano. Nella sua articolata relazione, Grande ha ricostruito alcuni importanti eventi legati alla storia chitarristica di Napoli, a partire dai primi concerti che si tennero durante gli anni dell’immediato dopoguerra, quando si cercò di tornare alla normalità con la riapertura del Teatro San Carlo e dell’Associazione Scarlatti. Sono state ricordate alcune esecuzioni memorabili che hanno visto protagonisti, tra gli altri, Andrés Segovia, Alirio Diaz, Eduardo Caliendo (il più importante chitarrista del Novecento storico napoletano), fino al memorabile concerto del 1982 di Maria Luisa Anido. Dopo un approfondimento su alcuni compositori napoletani, Grande ha completato il suo interveto con l’esecuzione della Conversazione con le cose senza nome n. 5 di Patrizio Marrone.

L’intervento di Fabio Fasano si è incentrato sull’analisi delle Sonate del compositore campano Raffaele Iervolino, di cui si è fatto interprete nel 2015 incidendo un cd monografico per la rivista Guitart. Fasano ha esaminato alcuni aspetti dello stile di Iervolino, con specifico riferimento alla forma della sonata privilegiata dal compositore e al suo linguaggio che risulta ricco di intuizioni nuove e allo stesso tempo nutrito di riferimenti alla tradizione compositiva chitarristica. In particolare la Sonata Eduardo (scritta come omaggio a Eduardo De Filippo), della quale Fasano ha proposto al pubblico l’esecuzione, costituisce una sorta di racconto biografico del compositore attraverso uno stile originale che fonde la lezione di importanti chitarristi-compositori del Novecento con l’essenza della cultura musicale napoletana.

Dopo Fabio Fasano ha preso la parola Antonella Col che ha illustrato in una relazione di grande interesse come il Metodo Globale di Bioenergetica, basandosi su una tecnica di apprendimento e sviluppo della consapevolezza corporea, costituisca una metodologia di sostegno al concertismo e alla didattica strumentale. Questo metodo, avvalorato anche da vari articoli  e studi specifici che ne hanno attestato l’efficacia, permette di liberarsi dalle tensioni che talvolta caratterizzano la postura corporea del musicista e si enfatizzano spesso nei periodi che precedono i concerti, attraverso una serie di esercizi mirati, capaci di coinvolgere le tre sfere psichica, fisica ed emotiva. Si può così arrivare a posture corrette dal punto vista biodinamico, capaci di conferire un assetto strumentale e quindi comunicativo assai efficace, come Antonella Col ha riportato nella sua esperienza condotta in anni di lavori con vari musicisti.

Su tematiche relative alla corretta impostazione strumentale si è incentrato anche l’intervento di Mario Fragnito, partendo dall’assunto che suonare significa tradurre il pensiero in movimento. Si deve acquisire perciò l’abilità di rappresentarsi, esprimendosi attraverso i movimenti, costruendo di essi una ‘mappa’ a cui rifarsi durante le esecuzioni. Un aiuto, in questo senso, viene dalla fisica, in particolare dalla biomeccanica, che fornisce risposte e parametri oggettivi da trasmettere agli allievi, tanto sulla postura e gli schemi motori da realizzare, quanto sulla produzione del suono nella sua consistenza e nel suo timbro. La relazione di Fragnito, ricca anche di riferimenti alla sua personale esperienza didattica, ha suscitato notevole partecipazione e riflessioni su aspetti di grande importanza, che risultano fondamentali fin dai primi approcci allo strumento.

L’intervento conclusivo è spettato a Bruno Battisti D’Amario, un grande maestro oggi stimato fra i pionieri e promotori della chitarra moderna, che ha formato numerosi allievi affermati nel mondo del concertismo e della didattica. Bruno Battisti D’Amario ha ripercorso alcune tappe della sua personale storia artistica, da quando fu per la prima volta catturato dal suono ‘magico’ della chitarra  agli studi presso il Conservatorio “S. Cecilia” di Roma sotto la guida di Benedetto Di Ponio, fino alla carriera concertistica e didattica che lo ha portato a esplorare diversi campi della musica del Novecento. Egli ha rievocato in particolare la sua collaborazione con importanti maestri come Maderna, Morricone, Rota e Petrassi, inoltre le prime esecuzioni di opere del passato riscoperte, o ancora la stimolante esperienza della musica d’insieme a fianco del concertismo solistico.

È stata, quest’ultima testimonianza, l’appello ad una incessante ‘ricerca del suono’, che deve emergere da ciascuno di noi per poter costituire l’equilibrio tra mente e musica. Non possiamo allora che aderire incondizionatamente alla considerazione di Bruno Battisti D’Amario, secondo il quale l’obiettivo di questi Convegni è conseguire ‘il bene della chitarra’.

 

 

P. Troncone, Il XXIX Convegno Chitarristico

 

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